Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge è stata elaborata in collaborazione con l'Associazione per i diritti degli utenti e consumatori (ADUC).
La riforma del diritto di famiglia del 1975, modificando l'articolo 261 del codice civile, ha sancito il principio dell'eguaglianza dei diritti tra figli legittimi e figli naturali.
Questo principio, tuttavia, non è stato affermato in modo assoluto e numerose differenze permangono nel nostro ordinamento.
Esse riguardano sia il modo in cui lo stato di figlio si assume e le azioni relative (ad esempio, l'azione di disconoscimento di paternità, che riguarda i figli legittimi, può essere esercitata entro stretti termini, mentre l'azione per impugnare il riconoscimento del figlio naturale è imprescrittibile), sia la materia ereditaria.
L'articolo 537, terzo comma, del codice civile, prevede infatti un anacronistico e ingiustificato meccanismo dal quale può derivare l'esclusione dei figli naturali dall'eredità e la traduzione del loro diritto in un equivalente economico, senza assunzione della qualità di erede.
L'articolo 565 del codice civile, a sua volta, non riconosce un rapporto di parentela tra fratelli naturali. Questa norma è stata oggetto di dichiarazioni di incostituzionalità, ma la Corte costituzionale, nell'affermare il principio, l'ha modificata solo in parte, sostenendo che compete al legislatore una riforma integrale di essa.
Già in una sentenza del 1979 si legge: «...appare contrastante con il principio di eguaglianza e di pari dignità sociale un regime successorio che escluda che i fratelli (o le sorelle) naturali possano succedere ai propri fratelli (o sorelle) naturali». Ciò nonostante, il legislatore non è intervenuto.
Ancora oggi, i parenti cosiddetti legittimi, fino al sesto grado, prevalgono, nella